Homepage Forums Forum di Claudio Capponi Binson 3 -1954 Rispondi a: Binson 3 -1954

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Binson 3- riporto alcune nota da- Laster guitar-

Il Binson 3 è un bauletto di cm 35 x 35 x 24 con paraspigoli in metallo. Sopra, ha una maniglia di pelle più che sufficiente per movimentare i suoi 14 kg di peso. Davanti, c’è una griglia quadrangolare ad incasso per l’altoparlante in alnico da 25 cm, il cui cono è posteriormente avvolto in una specie di calza (sic). Dietro, un portellone racchiude tutti -ma proprio tutti- i componenti.

Aprendolo o rimuovendolo, si scopre che la sezione di potenza ed il preamp sono collocati in basso, sul fondo della cassa. La già citata griglia metallica protegge lo speaker soprastante ed impedisce agli incauti di andare a mettere le mani dove circolano tensioni pericolose.

L’inconfondibile pannello Binson ospita i seguenti controlli: volume del vibrato (che funge anche da interruttore acceso/spento dell’amplificatore), velocità del vibrato, tono e volume del canale 2, tono e volume del canale 1 (un po’ più brillante e chitarristico dell’altro).

In basso a destra, ci sono tre ingressi: pedale del vibrato, input del canale 2 ed input del canale 1, tutti con connettore Geloso: è il dettaglio che fa più tenerezza , assieme alle scritte in Italiano e al selettore di voltaggio, la cui presenza è un’ ulteriore, piccola conferma del senso pratico e delle buone speranze che dovevano essere di casa alla Binson.

Abituati come siamo ai raffinati e complessi preamp moderni, Il controllo di tono del vetusto Binson ci appare inusuale: per definizione, è neutro in posizione centrale.

Ruotandolo verso destra, cioè in senso orario, il timbro diventa più pieno e cupo; girandolo invece verso sinistra (all’indietro), gli acuti aumentano e si ha la chiara sensazione che i bassi vengano attenuati: è cosa da tenere presente quando si intende ottimizzare la resa di entrambi i pickups esterni della Stratocaster per le parti ritmiche, anche se il consiglio sembra puerile. Un tweaking attento apre un sufficiente ventaglio di opportunità; un test frettoloso può portare all’errata impressione che uno dei due pickup sia poco utilizzabile.

Decisamente facile è trovare una sonorità soddisfacente e di pronto uso per le parti soliste. Con la manopola del tono a metà corsa, l’ampli suona già bene, sebbene risulti un po’ scuro, per cui basta un aggiustamento minimo di tanto in tanto, a seconda del brano, e il gioco è fatto. Anche senza ricorrere ad equalizzazioni più incisive, è possibile ottenere una discreta tavolozza timbrica già solo con un uso accorto del controllo di tono della chitarra e l’alternanza dei pickups.

Sono due “manovre” tanto elementari quanto trascurate da molti chitarristi, che l’ampli suggerisce: non solo in conseguenza della sua essenzialità ma anche perchè a tali manovre risponde bene, valorizzando il suono della vostro strumento e – chi sa mai- facendovelo riscoprire. In casi come questi, il motto ” Una chitarra, un cavo, un ampli” è sicuramente azzeccato.

Detto questo ed aggiunto che l’effetto-vibrato è più che buono (altro che pedali, pedalini e pedalozzi), vediamo cosa si può dire del temperamento e delle prestazioni del Binsonino.
Il Binson 3 è un amplificatore dal suono tendenzialmente dolce, caldo ed al tempo stesso aperto. E’ armonicamente ricco piuttosto che “grosso”. La sua personalità non è spiccata come quella di altri ampli d’epoca (Fender. Vox AC 30 Top Boost), che hanno più mordente; per contro, è immune dalla spigolosità e dalle nasalità che avverto in svariati Tweed.

Sin dalle prime pennate, si capisce che questo modello predilige un tocco che va dal leggero al medio; e che è meglio lasciarlo respirare e risuonare anzichè prenderlo sistematicamente per il collo: una gentilezza che ripaga assecondando la mano, sostenendo l’esecuzione e regalando inusitate opportunità espressive a quanti (zappatori o damerini che siano) se n’erano sin lì infischiati di dinamica e smorzamento delle note. E’ un ampli che ti invita a colloquiare con lui, anzichè a suonarti addosso.

Particolarmente piacevole il “feel” di tutte quelle parti musicali che comportano un uso misto di corde premute e corde a vuoto. L’ampli si trova a suo agio tanto nei fraseggi jazz con timbriche ovattate quanto ( per fare un esempio) nell’introduzione di Jumping Jack Flash dei Rolling Stones, per non parlare delle sonorità quasi jingle-jangle che mi hanno sorpreso soprattutto negli arpeggi: sono sempre evocativi, musicali e vibranti, anche con le regolazioni più secche e un accenno di saturazione.

Già: quanto satura il Binson 3? Poco, bene e solo ad alti volumi (con scarsissimo rumore di fondo). E qui cominciano le note dolenti: l’altoparlante è troppo debole. Se suonate in modo energico, noterete che – già a volumi contenuti e con sonorità pulite- l’ampli accenna a cedere sulle corde basse, con tutte le sgradevoli conseguenze del caso. Questo handicap, unito alla scarsa potenza d’uscita, ne condiziona pesantemente le possibilità d’impiego.

E’ un vero peccato, perchè potrebbe riservare ulteriori, piacevoli sorprese. Io ho provato a regolarlo al massimo, abbassando il volume della chitarra: una soluzione dettata dalla necessità, eppure l’overdrive era piacevolissimo e caldo, l’amplificatore “cantava” e non mancava neppure quell’accenno di grinta necessario per fare del buon rock e del blues.
L’articolo tratto da laster guitar